Un’indagine Legambiente rileva che il 60% della costa italiana è occupata da stabilimenti balneari. Ottomila chilometri di costa per 15miliardi di affari stimati l’anno, a fronte di un guadagno pubblico per lo Stato di 103milioni di euro. Gli attivisti denunciano il fenomeno della privatizzazione, concessioni senza controllo e canoni irrisori. Nel 2009 l’Ue ha avviato una procedura d’infrazione chiedendo gare per assegnare le concessioni, liberalizzate con la direttiva Bolkestein del 2006 ed aperte quindi anche ad imprenditori Ue, l’Italia ha invece disposto la proroga automatica delle concessioni fino al 31 dicembre 2020, bocciata dalla Corte di Giustizia con una sentenza del luglio del 2016. E da qui non ci muoviamo d’un passo. Secondo dati MIT, ci sono 52.619 concessioni demaniali marittime, di cui 27.335 per uso turistico ricreativo e le altre distribuite su vari utilizzi, da pesca e acquacoltura a diporto, produttivo. 19,2 milioni di metri quadri di spiagge sottratti alla libera fruizione, pari al 60% della costa che in alcuni casi arriva a sfiorare il 90% di spazio occupato da privati come a Mondello, in Sicilia, e pochi lidi, sottolinea Legambiente chiedendo nuove norme, consentono il passaggio sulla battigia ma non c’è alcun controllo a tutela dei diritti dei cittadini per avere spiagge gratuite ed accessibili. Cabine e strutture, ristoranti, centri benessere e discoteche stanno occupando progressivamente larghe fette di costa, denuncia. In assenza di regolamentazione segnalano come virtuose Puglia, Sardegna e Lazio, con percentuali di spiagge libere pari al 50% nel Lazio, superiori al 60% in Puglia e almeno al 60% in Sardegna. Peggio di tutte l’Emilia Romagna con un limite di spiagge libere al 20%, così come Campania e Abruzzo, 25% Marche e 30% Molise. Toscana, Basilicata, Sicilia, Friuli Venezia Giulia e Veneto non hanno invece limiti. Le entrate derivanti dai canoni ammontano a: Toscana e Liguria poco più di 11 milioni l’anno; Lazio (10,4 milioni), Veneto (9,527 milioni), Emilia-Romagna (8,9 milioni), Sardegna, Puglia e Campania (sopra i 7 milioni) e Calabria con poco più di 5 milioni. Basilicata 452mila euro e Sicilia con 81.491 euro. A fronte di un giro d’affari miliardario.