07 Dic 19

Sovrintendenze, uniti e senza divisioni

La polemica riguardo alla stabilizzazione della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio dell’Aquila, con la consequenziale nascita di due Soprintendenze in Abruzzo, è il classico esempio di come campanilismi e miopi visioni micro territoriali possano costituire un freno alla crescita di una regione e pregiudicarne opportunità e sviluppo.

Una vecchia abitudine che, a quanto pare, è dura a morire.

Inviterei, dunque, chi sale sulle barricate per condurre anacronistiche lotte di campanile a riflettere su alcune considerazioni essenziali.

Pierluigi Biondi

In primo luogo ritengo che quello che è stato fatto all’Aquila in questi anni, in termini di recupero, restauro e consolidamento del patrimonio monumentale, costituisce, come del resto riconoscono esperti e addetti ai lavori in tutto il mondo, un bagaglio di esperienze, conoscenze e acquisizioni in grado di fare scuola, poiché in molti casi sono state sperimentate per la prima volta, proprio qui, a seguito del sisma, tecniche e metodologie assolutamente innovative e all’avanguardia. La ciclopica opera di ricostruzione dei ben culturali, in una delle città più antiche d’Italia, e con un centro storico tra i più estesi del Paese, ha dimostrato al mondo che elementi come sicurezza e restauro possono convivere, se si lavora bene, e che anche in un territorio ad alto rischio sismico, come il nostro, edifici antichissimi, medievali o rinascimentali, possono avere alti indici di solidità e buona risposta alle sollecitazioni. Non è cosa da poco.

In un Paese come l’Italia, che detiene la maggior parte del patrimonio culturale mondiale e in cui molte aree del territorio, a cominciare dalla nostra Regione, registrano frequenti terremoti, anche di forte intensità, questo bagaglio di conoscenze e di esperienze è un bene prezioso da non disperdere ma, al contrario, da consolidare e valorizzare. Pretendere di archiviare questa esperienza, cancellandone la struttura portante, per un mero discorso di campanile, è una follia di cui tutto l’Abruzzo e l’intero Paese pagherebbero le conseguenze.

Un altro elemento su cui riflettere, e rispetto al quale ho sollevato l’attenzione anche in riferimento alla questione della sanità e della riorganizzazione della rete ospedaliera, è che le politiche condotte tracciando un segno a matita su una cartina geografica non portano da nessuna parte e sono deleterie e penalizzanti. La nostra Regione, piccola, se non geograficamente senz’altro per numero di abitanti, rispetto ad altre, e meno competitiva per dinamiche economiche, ha ingenti risorse e un potenziale in gran parte ancora inespresso che possono tradursi in concrete e reali opportunità, foriere di crescita e di sviluppo, solo se iniziamo a muoverci, a programmare e, soprattutto, a pensare come un solo grande territorio, non un piccolo insieme di realtà urbane divise e arroccate su anacronistiche prese di posizione.

Un esempio lampante, per restare in tema di beni culturali, è il Museo Archeologico d’Abruzzo con sede a Chieti.

Una realtà importante e attrattiva, con un impianto espositivo all’avanguardia e vincitore di riconoscimenti a livello europeo, in cui il pezzo forte ed emblema è il guerriero di Capestrano, proveniente da un’area interna, così come provengono dall’area aquilana alcuni reperti importantissimi e significativi esposti al Museo, ragguardevoli anche per dimensioni, come le statue di togati dall’antica Foruli, nei pressi di Amiternum. Ebbene, nessuno con un minimo di razionalità si sognerebbe di pretendere una frammentazione del Museo per ricondurre a casa questi reperti.

L’Abruzzo è uno, forte di una storia millenaria che ci ha lasciato in eredità un patrimonio culturale preziosissimo, di attrattive paesaggistiche che hanno eguali, per varietà e bellezza, solo in poche parti del mondo, di tradizioni e saperi secolari e allo stesso tempo attualissimi. Uniti possiamo candidarci e diventare una grande Regione, moderna, attrattiva e competitiva, divisi, a partire dalla gestione dei beni culturali, e ancorati a miopi logiche territoriali, siamo condannati all’emarginazione e all’immobilismo nella sfida verso il futuro. Una sfida che è alle porte. Una sfida che non possiamo perdere.

 

*Il sindaco dell’Aquila
Pierluigi Biondi