18 Ott 21

Sano intrattenimento non è decadenza

Oggi l’intrattenimento si eleva a nuovo paradigma, a nuova autentica forma dell’essere che decide cosa è adatto al mondo, weltfähig, e cosa no – anzi, cosa è e basta. La realtà stessa si presenta come un effetto particolare dell’intrattenimento. L’assolutizzazione dell’intrattenimento ha come conseguenza un mondo edonistico che viene interpretato e degradato dallo spirito della passione in termini di decadenza, nullità, autentico non essere. Ma a ben vedere, passione e intrattenimento non sono del tutto avulsi. Così il filosofo Byung-Chul Han, nella prefazione del suo ultimo libro, Sano intrattenimento. Una decostruzione della passione al cuore dell’Occidente edito da nottetempo.

Nato a Seul, insegna Filosofia e studi culturali alla Universität der Künste di Berlino dopo una tesi di dottorato su Martin Heidegger e lunghi studi su teologia e fenomenologia dell’industria culturale. Le sue analisi, orientate prevalentemente alla critica delle implicazioni politiche e psico-sociali del neoliberismo, lo rendono uno dei filosofi contemporanei più interessanti e più seguiti a livello internazionale. Ha pubblicato con nottetempo La società della stanchezza (2012, 2020), Eros in agonia (2013, 2019), La società della trasparenza (2014), Nello sciame (2015), Psicopolitica (2016), L’espulsione dell’Altro (2017), Filosofia del buddhismo zen (2018), La salvezza del bello (2019), Che cos’è il potere? (2019), Topologia della violenza (2020), La scomparsa dei riti (2021) e Sano intrattenimento (2021). Sarà a Roma domani al Goethe Institut, il 25 a Villa Mirafiori alla Sapienza, e il 29 ottobre alla Gnam.

Il filosofo della società della stanchezza, dell’iperattività che genera depressione e nevrosi, dell’agonia dell’eros che ha perso la sua forza epica, della scomparsa dei riti, della società senza dolore, dell’esclusione e dell’infocrazia. La sua produzione è gigantesca per il nostro tempo.

Un intellettuale contemporaneo che indaga sulla contemporaneità, sull’essere comunità che non è più tale quando in piena pandemia si filosofeggia sulla libertà, in particolar modo sui social dove chiunque può abbaiare alla luna, sbriciolando in parole rabbiose e violente il fare comunità, il bene collettivo per la salute degli anziani, per la salvaguardia dei più deboli, il sacrificio del proprio edonismo/aperitivo/uscita a tutti i costi per proteggere le fragilità.

Un intellettuale che fa discutere. Per essere, per appartenere al mondo, sostiene Byung-Chul Han, è necessario intrattenere. Solo ciò che intrattiene è reale o vero.

L’intrattenimento è oggi un presupposto imprescindibile nell’esperienza che il soggetto fa del e nel mondo, recensisce nottetempo. Nella storia del pensiero occidentale, dove è profondamente radicata l’idea dell’inconciliabilità di divino e secolare, l’intrattenimento ha avuto un’accezione quasi sempre negativa. Il saggio prende le mosse dallo scandalo seguito alla prima esecuzione (il Venerdì Santo del 1727) della Passione secondo Matteo di Bach, considerata all’epoca troppo teatrale, troppo operistica, per un contesto sacro, e analizza momenti e figure che in Occidente hanno segnato lo sviluppo delle idee e delle arti. Attraverso un costante raffronto e richiamo alla visione estremo-orientale, Han elabora una metateoria dell’intrattenimento che smonta criticamente la dicotomia piacere/passione.

In fondo, il puro nonsenso del divertimento e il puro senso della passione – così come la pura melodia e la pura parola, lo spirito e i sensi, l’immanente e il trascendente – non sono irrimediabilmente distanti tra loro. Da sempre demonizzato, l’intrattenimento può dunque diventare riappropriazione di libertà e costruzione di una nuova esperienza del mondo e del tempo.
E su questo, e sui nostri tempi, il filosofo indaga.