La cattedrale di San Massimo, il Duomo dell’Aquila, è ancora lontana parecchio dall’inizio lavori e alla città va detto forte e chiaro. Esattamente due anni di istruttoria ed un’autorizzazione al recupero, concessa dalla Sovrintendenza unica guidata da Alessandra Vittorini, costellata da decine e decine di rilievi e prescrizioni. Trentotto, per la precisione. Dopo due anni?
E non finisce qui perché la verifica e la validazione del progetto dovranno essere affidati all’esterno, dal Segretariato regionale per l’Abruzzo, soggetto attuatore, e non se ne parlerà prima della fine dell’anno. Cioè altri sei mesi dall’autorizzazione concessa.
Il rup è l’architetto Stefano D’Amico, la direzione lavori è dell’architetto Augusto Ciciotti. Una validazione che potrebbe essere eseguita dalla società partecipata Invitalia, dopodiché proseguirà il lunghissimo iter verso l’inizio lavori.
Ancora mesi e chi sa che non diventino anni.
Tempi burocratici incredibili, affrontati con pochissimo personale e con procedure ordinarie che non riescono a dare la svolta necessaria alla ricostruzione pubblica di una città rimasta appesa. L’Aquila, tra la ricostruzione privata quasi fatta e quella pubblica impaludata ad 11 anni fa e ancora ne dovranno passare. Negli uffici della Sovrintendenza e del Segretariato rimpiangono il commissario Luciano Marchetti, una gestione straordinaria che probabilmente avrebbe smazzato diversi appalti e lavori utili a restituire la gran parte delle chiese e palazzi pubblici del centro storico, dei centri storici del cratere crollati con il sisma del 2009.
L’altare è tuttora esposto alle intemperie, si ritiene necessario e urgente provvedere ad una sua protezione secondo modalità da concordare con questa Sovrintendenza, ma leggerlo ad 11 anni dal 6 aprile non fa ben sperare, il Duomo è distrutto da undici anni, e da undici anni è sottoposto indegnamente alle intemperie e alle quattro stagioni di tutti questi mesi, quella protezione avrebbe forse dovuto essere invocata subito, considerato che la conservazione dei beni culturali, come unici e irripetibili, è un dovere sancito dalla Costituzione.
Un dovere che avrebbe dovuto essere prioritario.
Vedremo cosa dicono i 38 punti e le prescrizioni di carattere architettonico, storico-artistico e archeologico, certamente è incredibile alludere ad un necessario restauro nel più breve tempo possibile, per garantire la conservazione del bene monumento dal forte valore identitario restituendo lo spazio sacro alla comunità. Buoni propositi tardivi, perché non abbiamo conservato nulla, di quel bene unico, che continua a sbriciolarsi sotto gli occhi di tutti.