Il video amatoriale è stato girato dentro l’ex Istituto d’Arte Fulvio Muzi all’Aquila, cristallizzato nella notte del 6 aprile 2009.
Di proprietà comunale, la struttura chiude grottescamente la discesa di Villa Gioia tempestata da scheletri di edifici scolastici abbandonati da un decennio, strada su cui passiamo, tutti, ogni giorno, ma questi resti non li vediamo neanche più.
Dentro il Fulvio Muzi, oggi disperso in un’innovata scuola tutta da approfondire, ma ci tornerò, c’erano i laboratori di ebanisteria, di metalli per oreficeria, i gioielli erano poi esposti nelle teche, ed altri ampi spazi per lavorare con l’arte ed apprendere la decorazione pittorica.
Quei lavori i ragazzi li lasciavano poi all’Istituto, dovevano impegnarsi a farlo, e non sono stati neanche recuperati, alcuni, risultano sfregiati da coetanei che continuano ad andare in quell’edificio, sfogando, a ragione, il loro disprezzo per questa contemporaneità.
Nei corridoi dell’ultimo piano, verso le scale, si perdono a scendere pezzi di legno di un antico telaio per la tessitura, si facevano anche tappeti, ed evidentemente è stato sottratto.
Chi avrebbe dovuto vigilare e non lo ha fatto?
Sfregi, pc abbandonati, resti di vita che non esistono più e macchinari preziosi che pure, avrebbero dovuto essere trasportati altrove, magari per insegnare artigianato artistico, considerando peraltro, i lavori di restauro per la ricostruzione ed il prezioso contributo che avrebbe portato l’ebanisteria.
Continuiamo però a parlare di cultura e a riempirci la bocca di rinascita, storia e recuperi.
A far male all’anima, infine, la biblioteca distrutta in quella terribile notte e definitivamente abbandonata a se stessa da dieci anni. C’era anche il custode/bibliotecario che prestava i libri o li dava in consultazione, mi raccontano alcuni studenti di allora, c’erano libri di arte e di architettura pregiati, dei quali si intravede qualche costola e chi sa quanti, sono stati sottratti o andati deperiti.
Questo video parla da solo, ne girano da tempo anche altri, non c’è bisogno di spiegare, va diffuso così come lo hanno pensato alcuni ex studenti, che non si rassegnano a vedere tanta incuria, in una scuola, peraltro, che ancora funzionava. Era la scuola d’arte, autonoma nella gestione, dove si facevano laboratori veri, un campus a tutti gli effetti che non abbiamo rigenerato altrove per trasmettere e coltivare cultura, artigianato e rispetto dell’arte, anche a ragazzi in cerca di mestiere e di identità. Ci lamentiamo però degli sfregi sui palazzi appena restaurati, con la nostra incapacità cronica al rispetto, al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione.