Trenta arresti e 25 perquisizioni su 14 province italiane contro la mafia nigeriana. Un maxi-blitz della polizia dell’Aquila ha smantellato una cellula dell’organizzazione Black Axe, indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata al traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe romantiche, truffe informatiche e riciclaggio anche attraverso la compravendita di bitcoin, per un totale di quasi 100 capi di imputazione.
Sul campo anche le squadre mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni.
Arrestato il presunto capo dell’organizzazione in Italia, un 35enne nigeriano che secondo la polizia dirigeva, dalla città dell’Aquila, tutte le attività criminali. La scelta dell’Aquila è stata fatta proprio perché la zona è tranquilla: le frodi commesse sono state soprattutto di natura informatica perché la zona era apparentemente tranquilla e si poteva lavorare da casa. Rende di più lavorare nell’ombra e con profilo basso. Era questa la modalità imposta dal capo. Pertanto si sentivano intoccabili, ha detto il vicequestore dell’Aquila, Marco Mastrangelo, nel corso della conferenza stampa sull’operazione.
Il presunto capo è arrivato in Italia nel 2014 sbarcando a Pozzallo, Ragusa, con un barcone proveniente dalla Libia, riporta Ansa Abruzzo, è stato trasferito al Centro di prima accoglienza all’Aquila dove rimase fino al 2016, poi si trasferì per un periodo di sei mesi a Reggio Emilia e infine decise di tornare definitivamente all’Aquila.
Ma il colpo inferto oggi alla mafia nigeriana in Italia è purtroppo una goccia nel mare, per Alessandro Meluzzi, psichiatra e criminologo che lanciò l’allarme sulle infiltrazioni anni fa pubblicando anche il libro Mafia nigeriana, 2019. Ormai ha preso il controllo del territorio. Sono migliaia e migliaia i suoi uomini non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa, col tempo si sono organizzati, hanno risorse, armi e una manovalanza ‘infinita’.
Le indagini hanno rilevato una struttura operante a livello europeo ed extra europeo. Una particolare forma di truffa informatica consisteva nell’acquisto di bitcoin con i quali venivano poi reperiti, nel mercato del darknet, i numeri delle carte di credito clonate che venivano a loro volta utilizzate per comprare sui siti e-commerce numerosi beni e servizi, quali cellulari, televisori, computer, abbigliamento e scarpe di marca e biglietti aerei. Il denaro veniva reinvestito in un vero e proprio reticolo di transazioni finanziarie che rendevano più difficile la tracciabilità del denaro.
Un’organizzazione gerarchica, caratterizzata da aggressività e violenza, dotata di rigide regole di condotta, determinate terminologie, simbologie e gestualità, riti di affiliazione, collegamenti con la casa madre nigeriana e con le altre zone. Il gruppo criminale effettuava anche delle raccolte di denaro in favore dei sodali arrestati con la presenza di una cassa comune.
Alla direzione investigativa distrettuale antimafia e antiterrorismo della Procura della Repubblica, al questore, alla Squadra mobile e alla polizia giudiziaria, che hanno condotto brillantemente le indagini per un lungo periodo, alle donne e agli uomini della polizia impegnati in tale difficile operazione contro questo filone della criminalità organizzata vanno le più fervide congratulazioni per la brillante azione che stanno conducendo, commenta il sindaco Pierluigi Biondi in una nota. Certo, apprendere che per due anni il boss di questa organizzazione, abbia vissuto nella nostra città fa nascere più di un’apprensione. Ma è tranquillizzante la circostanza che il leader di questa struttura malavitosa sia stato comunque tenuto sotto controllo dalla nostra polizia, che merita il ringraziamento dell’intera comunità aquilana. È anche in virtù dell’attenzione e delle capacità delle forze dell’ordine, oltre che alla correttezza generale dei cittadini, che il capoluogo abruzzese risulta ogni anno tra le città più tranquille e sicure in campo nazionale.
Un plauso alle forze dell’ordine e alla magistratura, che per mesi hanno indagato su questa associazione mafiosa intenta al compimento di numerosi reati tra cui traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe romantiche, truffe informatiche e riciclaggio anche attraverso la compravendita di bitcoin, per un totale di quasi 100 capi di imputazione, così la deputata abruzzese del Pd Stefania Pezzopane, della presidenza del gruppo dem alla Camera.