È stata restituita ufficialmente alla collettività la Madonna con bambino attribuita a Saturnino Gatti restaurata e riposizionata su una base antisismica all’interno della basilica di Santa Maria di Collemaggio. Conservata a partire dal 2009 nel Museo Nazionale d’Abruzzo che ne ha promosso e curato il restauro, la scultura, tra le più preziose del Rinascimento italiano, era stata estratta dalle macerie e trasportata fuori dalla Basilica di Collemaggio all’indomani del terremoto del 6 aprile, riportando danni al basamento e alle parti in aggetto.
Il complesso restauro dell’opera, raffigurante la Madonna con il bambino sulle ginocchia, realizzata in terracotta policroma e dorata nel 1506, è stato condotto dal MuNDA in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, e ha riguardato la rimozione di vernici e ritocchi alterati, nonché la stuccatura di fessure e fenditure.
Il Comune dell’Aquila ha finanziato la base antisismica per garantire adeguati livelli di sicurezza e protezione in caso di eventi sismici e consentire la piena valorizzazione dell’opera d’arte attribuita al pittore e scultore cinquecentesco tra i più fecondi e apprezzati del nostro territorio, nello spazio che l’ha custodita per secoli. Le fasi di progettazione della base tecnologica e di riallestimento sono state eseguite sotto la guida dei funzionari della Soprintendenza.
Hanno presenziato alla cerimonia di riconsegna il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi, la soprintendente Cristina Collettini, e la direttrice delegata del MuNDA, Federica Zalabra.
È con grande gioia che la comunità si riappropria di un altro dei suoi simboli identitari che assume un valore profondo, simbolo di tenacia e determinazione della comunità aquilana che di fronte a una tragedia come quella del sisma ha saputo risollevarsi e riprendere il suo cammino verso il futuro tenendo ben salde le sue radici e il valore della memoria condivisa, ha detto il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi.
Con questa consegna ufficiale trova compimento l’attività del Museo Nazionale d’Abruzzo, non solo luogo di conservazione e valorizzazione, ma istituto in grado di accogliere e interpretare le istanze del territorio attraverso una delle sue attività scientifiche, il restauro. Nei prossimi mesi promuoveremo una giornata di studi, aperta a tutti, con la presentazione dei risultati ottenuti, ha dichiarato il direttore delegato del Munda, Federica Zalabra.
Il ritorno della statua in terracotta della Madonna con bambino attribuita a Saturnino Gatti nella basilica di Collemaggio rappresenta un esempio di efficace condivisione di obiettivi e collaborazione strategica tra enti, per la Soprintendente Cristina Collettini. La Soprintendenza ha coordinato e guidato i passaggi successivi al restauro finanziato dal MuNDA, che hanno portato al ricollocamento dell’opera nella nicchia dell’altare dove si è conservata sin dalla seconda metà del XVII secolo: la basilica ha ritrovato la sua gemma rinascimentale incastonata in una maestosa cornice barocca. Allo stesso tempo, non abbiamo rinunciato ad agire nella nostra contemporaneità, fornendo alla Madonna una nuova base: un parallelepipedo dalle linee semplici, solo vagamente impreziosito dal pallido riflesso del metallo bruno; un oggetto apparentemente dimesso che cela al suo interno il sofisticato sistema antisismico che garantirà la conservazione della Madonna di Collemaggio nei tempi a venire.
L’opera sacra invita alla preghiera chi la contempla, eleva la sua dimensione verso quella divina. Quella di Saturnino Gatti è un’opera straordinaria: Maria è raffigurata come madre che prega e che ci offre Gesù. Ringrazio chi ha lavorato proficuamente per restituire alla statua la sua bellezza e la sua profondità originaria e chi si è speso per riportarla alla basilica di Santa Maria di Collemaggio: è giusto che opere di questo genere vengano sottoposte alle necessarie opere di restauro e siano rese visibili anche in luoghi di elevato spessore culturale, ma poi devono tornare in quei luoghi in cui sono state concepite e dove hanno ‘abitato’ per secoli, ha osservato l’arcivescovo dell’Aquila, cardinale Giuseppe Petrocchi.