Sulla ricostruzione post terremoto in Umbria si muove la magistratura contabile.
La Procura umbra della Corte dei Conti indaga su eventuali danni pubblici conseguenti alla mancata o tardiva ricostruzione post sisma 2016.
L’apertura del fascicolo, rivela Il Messaggero, è stata ufficializzata dallo stesso ufficio giudiziario con una nota ai mezzi d’informazione.
Gli accertamenti dovranno verificare se ci siano stati danni pubblici per l’omessa o mancata adozione del piano di ricostruzione, omesso conferimento di incarichi tecnici o la mancata previsione su mappe per la pericolosità sismica.
La verifica è in fase istruttoria e la Procura ha sottolineato di avere particolarmente a cuore le vicende legate alla ricostruzione e di seguire con la massima attenzione gli sviluppi della situazione.
Da noi, nel cratere 2009, dovrebbero buttare la chiave, come si dice.
Lo Stato, secondo la norma del 2015, aveva ed ha facoltà di far propri i progetti affidati ai privati senza gara, ma la Curia dovrebbe accollarsi la differenza del costo sia per la cattedrale di San Massimo che per Santa Maria Paganica, oltre che per San Marco credo, visto che lo Stato riconoscerebbe compensi in favore dei progettisti, nella sola misura prevista dalle disposizioni in tema di contribuzione alle spese di progettazione nel campo della cosiddetta ricostruzione privata, scriveva l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, in risposta ad un parere chiesto dalla Sovrintendenza unica, il 19 febbraio 2016.
Ma da allora, nonostante le delucidazioni ed i chiarimenti,non è stato fatto assolutamente nulla. Nonostante la disponibilità dei fondi e la possibilità di procedere, una volta avuto il parere, ed invece no, anzi, il sisma del 2016 ha causato ulteriori danni a San Massimo, ed altri puntellamenti, nell’agosto 2018, per 300mila euro di soldi pubblici, accollati alla comunità.
Siamo a tre anni e mezzo dal parere dell’Avvocatura e nulla si muove, la tutela di beni unici ed irripetibili quali San Massimo, Santa Maria Paganica e San Marco, non è evidentemente la priorità di chi ha il dovere della salvaguardia, cioè la Sovrintendenza unica per L’Aquila ed il cratere, quanto piuttosto il prendere tempo, il cercare di contemperare interessi di fatto privati, cioè della Curia, non riuscendo ad assumere una decisione una, per uscire da questa vergognosa palude.
Chi pagherà per il deperimento inevitabile di beni irripetibili salvaguardati dalla Costituzione?
L’unica cosa certa è che neanche per il 2019, partiranno i lavori né su San Massimo né su Santa Maria Paganica. E queste considerazioni le facevo identiche a metà novembre del 2018.