E’ stato inaugurato oggi l’anno giudiziario della Corte dei Conti, con le relazioni del procuratore regionale Maurizio Stanco e del presidente Tommaso Miele illustrate ai presenti e alle autorità.
Tra i più significativi atti di citazione depositati nel corso del 2018, c’è il giudizio per 21milioni 761mila 173 euro, più 50mila euro come danno da disservizio, ad un funzionario dell’Agenzia delle Entrate che ha operato dolosamente su alcune conciliazioni tributarie.
Intratteneva intensi rapporti con gli studi professionali, scrive la Procura, generando grandi ed ingiustificati risparmi a chi avrebbe dovuto pagare le tasse, è stato pizzicato mentre riceveva un compenso in denaro, cioè una mazzetta.
Ha quindi piegato gli accordi tributari agli interessi di privati.
Altri colleghi hanno concorso alle definizioni dei procedimenti senza rilevare l’illegittimità delle conciliazioni, con comportamenti connotati da un grado di colpa di elevata intensità, rileva la Procura, ma non è stata attivata l’azione di responsabilità, perché ristretta solo al dolo, per evitare che il dipendente eviti la conciliazione, di fatto per non saper né leggere né scrivere, come si dice. Importi rilevanti per cui quest’area di attività, rileva ancora la Procura, deve essere oggetto di specifici presidi di tutela dall’Agenzia per un efficace preventivo contrasto dei fenomeni corruttivi, poiché l’esclusione della responsabilità amministrativa potrebbe agevolare atteggiamenti di deficiente cura dei procedimenti.
E sta proprio qui il nocciolo, il cittadino attende giustizia dalla Corte dei Conti, che d’altra parte mantiene un atteggiamento collaborativo con la Pubblica amministrazione alla quale nella gran parte dei casi spettano azioni correttive o sanzionatorie che difficilmente vengono introdotte.
C’è poi il caso sempre nel 2018 della sanzione, su iniziativa della Procura, per otto amministratori responsabili del dissesto di un Comune per non aver tenuto conto delle criticità segnalate annualmente dalla sezione di controllo della Corte stessa, ma anche in questo caso, in ultima analisi, è sempre l’ente a dover cambiare la rotta, se continuiamo a sperare che possa essere la Corte a fare qualcosa per le nostre finanze, per come spesso vengono malamente amministrate e per arginare gli sperperi, diciamo che è difficile che possa accadere.
Non mancano danni all’erario per la ricostruzione post sisma, l’assenteismo che cresce, contro il quale si cerca di accelerare le richieste risarcitorie oppure il danno causato dall’illecita percezione di contributi pubblici, distratti dalle finalità previste, e non è affatto sporadico, annota la Procura, citando anche giudizi di risarcimento in materia di sanità.
Altro caso significativo su cui servirebbe avviare una riflessione sono le nove citazioni di docenti e ricercatori universitari per condanne richieste fino a 210mila euro, per aver svolto incarichi retribuiti all’esterno degli atenei senza esserne autorizzati. La condanna richiesta eguaglia gli importi percepiti mentre le segnalazioni sono giunte dagli atenei stessi e dalla Guardia di Finanza. Solo in due ipotesi, sono però riusciti ad accertare il danno, per la difficoltà di dimostrare in giudizio il mancato svolgimento degli obblighi del docente in termini di didattica e ricerca. E’ possibile non poter misurare in alcun modo degli obblighi? Anche in questo caso spetterebbe agli atenei, autonomi, impostare controlli più severi. Lo faranno insieme alla Pubblica amministrazione? I cittadini ne reclamano l’urgenza.