09 Ago 21

Clima, il punto di non ritorno è vicino

La situazione è gravissima, siamo sull’orlo della catastrofe irreversibile, così qualche giorno fa a Londra, Alok Sharma, il ministro britannico che cura gli incontri di Cop26, la conferenza mondiale per il clima che si terrà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre prossimi. Giorno per giorno vediamo cosa accade nel mondo. L’anno scorso è stato il più caldo mai registrato, l’ultimo decennio il più caldo mai registrato.

E i primi dati del VI Rapporto Onu sui cambiamenti climatici lanciano l’ennesimo allarme, gli oltre 190 Paesi che parteciperanno a Cop26, dovranno prendere decisioni senza indugio.
Siamo a un punto di non ritorno troppo vicino: l’impatto dei cambiamenti climatici cambierà radicalmente la vita sul pianeta nei prossimi decenni, i tifoni catastrofici, le temperature ai poli, le alluvioni, gli incendi, l’aumento di eventi meteorologici estremi e non ultime le pandemie.

Secondo gli studi degli scienziati Onu il metano è il nuovo nemico e non solo quello rilasciato dagli allevamenti intensivi di bestiame. Il quadro apocalittico potrebbe essere questo: all’inizio punti di non ritorno su determinate aree, come gli ultimi eventi alluvionali in Germania e in Cina, poi, i mutamenti globali potrebbero legarsi e determinare esodi e conflitti. Sempre più vicini anche a causa dell’aumento di diossido di carbonio, che resta comunque uno tra i problemi più gravi, in sessant’anni, la CO2 nell’atmosfera è aumentata del trenta per cento.

Nel 2019 un rapporto della Banca Mondiale prevedeva che entro il 2050, 143mln di persone avrebbero abbandonato le loro terre, come sta accadendo con i migranti in viaggio dall’area subsahariana verso il Mediterraneo. E potrebbe accadere anche in Italia, se le punte di 39 gradi a Firenze, 38 nella pianura padana o di oltre 40 gradi nelle aree interne del sud, oggi tipiche dell’America Latina, diventassero temperature ordinarie. Le condizioni di vita saranno sempre più difficili anche sulla costa con l’innalzamento dei mari, c’è un’accelerazione nel surriscaldamento globale, le ondate di caldo sono sempre più gravi, incendi, inondazioni e siccità saranno sempre più frequenti e ci sarà un effetto domino se non invertiamo immediatamente la rotta.

Tra i dati pubblicati che saranno al vaglio degli oltre 190 Paesi a Glasgow, l’urgenza di rivedere le scadenze imposte dagli accordi di Cop21 a Parigi, quando nel 2015 concordarono che l’aumento medio delle temperature sul pianeta, dovesse essere contenuto sotto i 2°/1,5°C. Non è più così e non c’è più tempo da perdere.

I ritmi con cui sta accelerando il riscaldamento globale impongono di cambiare subito passo: non possiamo permetterci di aspettare due, cinque, dieci anni per agire, ha detto Sharma. L’orizzonte del 2030 condiviso a Cop21 potrebbe essere già troppo lontano. Finora si è già registrato un aumento medio di 1,1°, rispetto ai livelli preindustriali, procedendo di questo passo si arrivererebbe nella migliore delle ipotesi a un contenimento entro i 3° sulle medie della metà del XIX secolo.

Entro il 2030 dovremmo ridurre dello 0,7% le emissioni rispetto al 2010, le emissioni nette dovrebbero essere ridotte del 45%, per raggiungere l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura di 1,5°C.

Ma la dead line, cioè il punto di non ritorno per il genere umano, non è più fissata al 2100, potrebbe infatti arrivare prima della fine del secolo.

L’indicazione principale del Rapporto Onu è quella di intervenire su tutti i gas capaci di alterare il clima come il metano, emesso dagli allevamenti intensivi e dalla produzione industriale di carne; bisognerà contenere le dispersioni dai pozzi e dall’estrazione del petrolio. Alcune tra le principali fonti di metano sono i pozzi di petrolio e gas, peraltro oggi, oltre il 40% del gas dell’Unione europea è gas metano proveniente dalla Russia, bisognerà capirne l’impegno. Il taglio delle emissioni di metano è la più grande opportunità per rallentare il riscaldamento globale. Ai ritmi attuali, la soglia critica di +1.5° sarà raggiunta un decennio prima del previsto. Stavolta Cop26, non potrà girare la testa dall’altra parte.