A fuoco anche il monte su Pettino dal primo pomeriggio. Diversi inneschi, fuochi dolosi. Ieri ad Arischia, oggi a Pettino, teniamo gli occhi aperti e, per quanto possibile ad ognuno, presidiamo il territorio, scrive Stefano Palumbo dal suo profilo social.
Poche parole e un forte richiamo alla comunità assolutamente condivisibile.
Vista la natura probabilmente dolosa degli incendi scoppiati ad Arischia e Cansatessa e considerato l’impegno di tutte le forze disponibili su questi due versanti, invito a tenere alta l’attenzione su tutto il resto del territorio ed in particolare sulla pineta di Roio, potenziale ulteriore bersaglio, scrive Stefano.
Perché se mancano mezzi e uomini è un sistema Paese, che va a picco, non è l’Abruzzo, ci sentiamo sotto attacco in un sentimento unanime condiviso dai tanti, che sanno che è nel litigio livido e radicato che s’insinua il peggio.
Ed è anche nei livori tra il fronte ambientalista e quello non ambientalista, che può radicarsi il male sotterraneo che s’è insinuato tra i pascoli, nei terreni abbandonati e su un territorio litigato da tutti. Senza presidi, senza tenerci più di tanto, se non alzando le barricate davanti ad una nuova perimetrazione, come l’ultima del Parco regionale Sirente-Velino, sventata la quale, non ce ne pò fregà di meno, se boschi e sentieri torneranno terra di nessuno. Perché terre di nessuno sono.
Torneremo a parlare di prevenzione, di tavoli d’emergenza dopo il vertice tenuto in Prefettura, di piani da attivare per proteggere la cittadinanza. Attonita e silenziosa a guardare le colonne di fumo, da un pezzetto d’ombra sui marciapiedi, tra i mezzi dei Vigili del Fuoco e della Protezione civile, tra lampeggianti, sirene e mezzi dell’Esercito a ricordarci le ferite di 11 anni fa. Quelle che non si saneranno mai. Ancora sirene. Sirene e silenzio e una comunità flagellata dalle divisioni e dal veleno di approcci ambientalisti opposti, in guerra perenne, una guerra di supremazia da colonizzatori, che tuttavia non custodisce il territorio che oggi dobbiamo presidiare per forza, per quanto possibile ad ognuno, perché per quanto amiamo i nostri boschi in maniera viscerale, tutti li amiamo, non riusciamo proprio a guardarli come patrimonio identitario da difendere e da condividere, non ci interessa, e questo è il male peggiore, quello più insidioso di fronte al quale siamo assolutamente vulnerabili e indifesi, teniamo quindi gli occhi aperti, sperando che gli inneschi siano finiti qua.