23 Apr 22

Non è solo da chiusura, è da galera

Le intercettazioni telefoniche riportate nelle indagini della Guardia di Finanza dell’Aquila, mostrano l’assoluta consapevolezza dei soci dell’allora Accord Phoenix spa, condannata per un danno erariale di 5mln di euro subìto dal polo elettronico, dell’incapacità a gestire un impianto per rigenerare rifiuti speciali e della totale carenza di autorizzazioni. Non è solo da chiusura, è anche da galera, si legge in uno stralcio, e in effetti un primo procedimento penale si è concluso con la condanna del legale rappresentante della società, Shankar, per illecita gestione di rifiuti pericolosi, e l’assoluzione dei soci, mentre un secondo procedimento è ancora in corso.

Gli attori principali di questa brutta storia, sapevano altresì di aver comprato macchinari vecchi e temevano dei controlli. 
Quando usciranno fuori ‘ste storie dell’hardware e del software voglio vedere che non venga qualcuno e ci chiude tutto e ci ferma, ci fermano eh!…;
si legge nelle intercettazioni della Guardia di Finanza riportate nella sentenza.
Uno se la ride ma la cosa è seria…ma lo sai perché è seria? Perché in realtà lui la fattura l’ha presentata, no? e quelli non gliela accettano…gliela decurtano eh!…no ma il problema è che l’ha pagata lui dal fondo adesso quei soldi lì devono tornar fuori…
Ma non è che Invitalia, i soldi noi non è che li perdiamo eh! Noi non perdiamo i soldi, perché i soldi non li perdiamo, il problema è che noi perdiamo…lui perde da quella fattura lì eh….la tangentina che si è preso;
noi sappiamo bene che Ravi probabilmente le sue creste se l’è fatte.

Che significa? Secondo quanto scritto dai giudici contabili nella sentenza, da un lato, la linea di produzione realizzata peraltro in difformità, o meglio in mancanza del layout da autorizzare, era almeno in parte inutile o basata su impostazioni obsolete; dall’altro lato, l’acquisto dei beni strumentali era stato fatturato per costi raddoppiati rispetto a quelli di mercato, prudenzialmente stimati per eccesso dal consulente tecnico, ingenerando negli stessi protagonisti la convinzione che questo ‘margine’ fosse stato utilizzato per remunerare con transazioni sommerse alcuni soggetti. Parliamo di mazzette? Da dare a chi?

Secondo i giudici l’iniziativa imprenditoriale è talmente inadeguata e improvvisata, disorganizzata, realizzata in violazione delle basilari norme di sicurezza e di scarsa trasparenza, da rendere credibile l’ipotesi di aver impiegato il contributo pubblico, stante anche la forte sopravvalutazione dei beni acquisiti rispetto al reale valore di mercato, nella creazione di un ‘margine’ finanziario gestito dall’amministratore Ravi Shankar per remunerare illecitamente se stesso ed altri soggetti non individuabili. Ciò sostanzia un radicale e insanabile sviamento, rispetto alle finalità attese, delle risorse pubbliche erogate alla società con i primi due Sal, cioè i circa 5mln di euro di danno erariale da restituire a Invitalia spa, in ogni caso comporta la vanificazione delle erogazioni stesse, ingenerando i presupposti per la corrispondente condanna della società beneficiaria.

Che oggi si chiama Aura spa, e non ha nulla a che vedere con la precedente compagine, ma affronta le conseguenze della passata gestione perché nella fattispecie in esame, argomenta la sentenza, è rimasto pressoché immutato il ‘fatto’ essenziale addebitato alla società convenuta, cioè Aura spa, per cui del corretto utilizzo dei fondi ricevuti, non può che rispondere la società beneficiaria.

Resta pendente, alla Procura della Repubblica di Milano territorialmente competente, il giudizio penale per indebita percezione di erogazioni pubbliche, anche nei confronti della persona giuridica. La città aspetta che sia fatta piena luce e che siano accertate le responsabilità, politiche e gestionali dell’operazione, come l’hanno definita i giudici contabili.

 

*di Rosario il Libertario