L’Aquila è una città che ha visto Gigi Proietti piangere per le vie del centro storico dopo il sisma del 2009, ma non è tornato per dare una mano. Fuggì dalla direzione artistica del Teatro stabile d’Abruzzo, e con lui altri esimi colleghi, che a un certo punto non hanno più retto una città che agisce solo d’apparato, di pressioni, di poltrone per la cultura, perché una poltrona, offre un ruolo nella società. Una società di famiglie antiche, nobili, decadute, e poi di piccolo borghesi, arricchiti e senza cultura, e infine di una politica ignorante senza soldi e senza cultura, ma che di essa, tiene a fare un vanto con un ruolo, un incarico, un invito alla prima del Teatro stabile o della Barattelli, o con un posto anche in un Comitato. Non importa quale, purché un ruolo. Il sisma di ruoli ne ha offerti molti, c’era per esempio da ambire una sedia al Comitato promotore della Perdonanza come Patrimonio immateriale dell’Unesco, messo su velocemente con incarichi, durata, scopi ed obiettivi, senza ottenere nulla. Così com’è andata per la Capitale europea della Cultura, nel gruppo c’erano figli e affini, di questo o di quello, e senza alcun ritegno hanno affossato ogni aspirazione legittima della città. Il noto architetto Renzo Piano, piaccia o non piaccia ha donato un auditorium, stessa generosità il collega giapponese Shigeru Ban per il Conservatorio Casella dell’Aquila, che ha nella musica classica la più antica e radicata tradizione musicale, quando venne qualche mese fa Oliviero Toscani, per un progetto fotografico ed umano che lo porta in giro per il mondo, in pochi colsero il senso stimolante delle sue parole, che raccontarono di una città morta e senza più voglia di farcela, una città che si trascina tra puntelli pericolanti a cercare chi sa che, con cui sfidò quest’apatia consigliando di far andare giù tutto, tanto comunque non sarebbe rimasto nulla in piedi, così da ricostruire da zero ed ambire ad architetture importanti come quelle che fecero la storia in tante epoche. Bell’augurio. Ma Toscani per gli amministratori locali, che controllano gran parte del pensiero cittadino, doveva tornarsene da dov’era venuto. Una mentalità chiusa ermeticamente, che ci seppellisce ogni giorno che passa. I trentini, chiamati a tirar su l’auditorium di Piano, organizzarono delle visite guidate per gli studenti, per le nuove tecniche, per capire dal vivo e comprendere il perché di quella scelta, a pochi passi dal Castello cinquecentesco, nella rinascita socio culturale. Nessuno dei messaggi che ha voluto lasciare agli aquilani il grande architetto è stato raccolto, tutto ciò che è stato fatto è stato solo rifossilizzare, ancora una volta intorno ad un sedime, le aspettative culturali di enti ed istituzioni zombie, che si azzufferanno solo se qualcuno provasse a sottrargli spazi e foraggio.