07 Nov 17

Vandali in casa, progetti fuori contesto

Antonio Cederna, intellettuale raffinato, archeologo, giornalista e scrittore, deputato della Repubblica, nel 1956 scrisse il suo primo libro: VANDALI IN CASA. Libro denuncia contro chi distrugge l’antico affinché l’ambiente antropizzato sia conforme agli interessi privati e non pubblici e contro chi spolpa il territorio  come fosse una risorsa dalla quale ricavare quanto più reddito possibile.
Oggi, dopo sessanta anni, quelle parole sono  ancora attualissime  e nonostante una legislazione più appropriata ai tempi, assistiamo quotidianamente ad attacchi al patrimonio paesaggistico, naturistico, storico ed archeologico. Diceva Cederna scrivo da sempre lo stesso articolo, finché le cose non cambieranno continuerò imperterrito a scrivere le stesse cose ed ancora mi vedo costretto a parlare di questioni delle quali in un Paese civile dovrebbe essere inutile anche soltanto accennare.
Per lui, sostenitore dell’equilibrio tra ambiente naturale e architetture umane, la via da seguire era quella di non alterare le armonie storicizzate. Non frantumare legami che il tempo aveva irrobustito ma arrivare a mescolarli. Non solo quindi salvaguardia di un elemento ma la tutela anche dell’intorno. La tutela solo dell’oggetto porta ad un nuovo recinto nel quale ammirare l’ennesimo monumento privato della sua rimanente vitalità.
I vandali in casa sono, ancora oggi, quelli che progettano e quelli che approvano opere che non tengono conto del contesto. Opere come portacenere che si possono poggiare su qualsiasi superficie. Opere che non rispettano gli equilibri ed invadono e distruggono terreni,  paesaggi, centri storici e aree archeologiche. Tra i primati all’incontrario l’Italia detiene sicuramente quello del consumo pro-capite di cemento che negli ultimi 40 anni ha portato a distruggere suolo per più di sei milioni di ettari.
Un’enormità.
Probabilmente qui da noi, nella provincia profonda, gli attacchi sconsiderati al patrimonio storico archeologico e paesaggistico sono ancora più facili da perpetrare. La pressione antropica ha aggredito una parte della valle dell’Aterno distruggendo il paesaggio agrario costruito; i centri  minori e le frazioni hanno perso le loro caratteristiche architettoniche già prima del terremoto a causa di  interventi  irrispettosi. Fino alla ciclovia che si vuole costruire lungo l’Aterno diventato una fogna. Succede perfino che un’azienda, l’Anas, presenti il progetto di una strada in area archeologica, Amiternum, alla Regione Abruzzo, la quale da il nullaosta nonostante il piano paesistico, redatto ed approvato dalla stessa Regione, neghi  la realizzazione di opere stradali in quei luoghi. Sullo stesso progetto anche le strutture  periferiche del MIBACT hanno concesso il nullaosta nonostante il vincolo del Ministero, ex Galasso, preveda l’immodificabilità della zona.
Un  mistero. 
Altri casi eclatanti si sono verificati nell’area dell’aquilano nel recente passato: i capannoni (molti oggi vuoti)  del nucleo industriale di Bazzano sono stati realizzati sulla grande necropoli vestina e lo pseudo aeroporto di Preturo costruito in località prato dell’Agorà ecc. ecc. ecc. L’elenco potrebbe continuare a lungo. Qualche settimana fa l’ultimo episodio, gravissimo, nel comune di Pizzoli dove  nel corso dei lavori per la realizzazione della rete fognaria, sono venuti alla luce prima la tomba a tumulo di una fanciulla (nella foto), poi murature ed una strada romana. Area delicatissima dove dal 2007 sono state rinvenute  tracce di capanne, resti di un accampamento ed un’estesa necropoli, la più grande finora scoperta nell’area della  sabina interna che ha restituito, tra l’altro, la preziosa fibula di Pizzoli. Ma i capannoni della zona artigianale inesorabilmente avanzano e seppelliscono, si salvano solo i corredi funerari. I nuovi vandali rivendicano la necessità di cementificare ed asfaltare. I vandali istituzionali, forti con i deboli e deboli con i forti, si limitano ad operazioni di archeologia preventiva all’incontrario.
La Soprintendenza interviene  in corso d’opera, salva quello che trova nelle tombe e fa proseguire.
Nessun intervento per tutelare l’interesse archeologico, nessuna verifica preventiva sul  contesto, nessuna operazione di salvaguardia. E così si distrugge storia, archeologia e paesaggio, beni collettivi identitari. Eppure gli strumenti, normativi e tecno scientifici per intervenire ci sono tutti. Poco più in là, al teatro di Amiternum, da gennaio a settembre, 6.000 persone hanno lasciato la loro firma sul registro, molte centinaia  hanno visitato le Catacombe di San Vittorino aperte solo sabato e domenica nel pomeriggio per la dedizione del parroco.
Questo senza uno straccio di dépliant, scarse indicazioni  e  solo perché i siti sono citati e sottolineati nella guida Touring. I due terzi delle persone vengono da fuori ed oltre a visitare mangiano, dormono e acquistano.
Anche a Pizzoli.
Un altro equilibrio è possibile!

 

Giovanni Cialone – Italia Nostra