La quarta sezione penale della Cassazione ha confermato le condanne in appello per il crollo della Casa dello studente all’Aquila, la notte del 6 aprile 2009, a seguito del violento sisma che colpì il capoluogo abruzzese. La Suprema Corte ha confermato la sentenza emessa il 28 aprile 2015 dai giudici di secondo grado dell’Aquila, che avevano condannato a quattro anni Tancredi Rossicone, Berardino Pace e Pietro Centofanti, i tecnici che fecero lavori di restauro nel 2000 nella struttura, e a due anni e sei mesi Pietro Sebastiani, tecnico dell’Azienda per il Diritto allo Studio che la gestiva. Nel crollo persero la vita otto giovani universitari. In primo grado, nelle motivazioni della sentenza, scrissero che la scossa non era affatto imprevedibile e furono ignorate le prescrizioni. Si chiude un capitolo doloroso per la storia post sisma di questa città, con l’amarezza dei familiari e dei cittadini che non hanno ancora avuto giustizia sullo Stato, che con la Commissione Grandi Rischi riunita il 30 marzo 2009 all’Aquila, rassicurò anche quegli studenti spaventati dagli scricchiolii sinistri di quel mostro costruito su sabbia, perché dormissero tranquilli. Sono morti. Per alcuni familiari ieri sera la Cassazione ha fatto giustizia contro l’incuria di quanti, avrebbero dovuto vietare qualsiasi costruzione edilizia in quella zona sabbiosa. Ancor oggi la città non sa se è bene ricostruire lì. Non ce lo chiediamo quasi più, chi se lo chiede ancora annoia chi vuol guardare avanti e pensare solo cose belle. Il tormentone dei social che ci ricorda al contrario che c’è voluto veramente poco, meno di sette anni, per dimenticare. Assente perpetuo il Sindaco Massimo Cialente, incapace di condividere con la sua gente passaggi così dolorosi, così come non mai è riuscito ad abbracciare la battaglia di giustizia, che i parenti delle vittime continuano a portare avanti da anni contro la leggerezza di uno Stato che ha continuato a coprire le tante responsabilità. Solo De Bernardinis è stato condannato, ma presiede oggi l’Ispra.