Davigo: “I politici continuano a rubare, ma non si vergognano più”, titolava così, qualche giorno fa il Corriere, l’intervista di Aldo Cazzullo a Piercamillo Davigo, nel pool di Mani pulite e presidente dell’Anm, Associazione nazionale magistrati, e sottotitolava così, Il presidente Anm: “le riforme della sinistra hanno reso i giudici genuflessi” per un pezzo bomba che ha scatenato un vero e proprio scontro tra poteri. Renzi gli ha ribattuto, se sa, faccia nomi e cognomi, nel pomeriggio di oggi una riunione dell’Associazione magistrati e chi sa che non tentino di fermarlo e domani il Capo dello Stato Mattarella parlerà ai giovani magistrati, e chi sa quale sarà il messaggio, perché poi diventa fondamentale saper leggere tra le righe per capire dove andiamo. Davigo parla di corruzione diffusa tra la politica, hanno smesso di vergognarsi, ha dichiarato, rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto. Coi soldi nostri facciamo quello che ci pare, peccato siano soldi dei contribuenti, aggiunge il magistrato, che non esita a dire che oggi è peggio di allora, riferendosi a Tangentopoli, eravamo stati come i predatori che migliorano la specie predata: avevamo preso le zebre lente, ma le altre zebre erano diventate più veloci. Avevamo creato ceppi resistenti all’antibiotico. Perché dovemmo interrompere la cura a metà. Perché naturalmente la politica tutta, si riorganizzò per tutelarsi meglio con una serie di riforme, da destra a sinistra, che blindavano i variegati malaffari legati alla gestione di denari pubblici e privati. Questo Governo, per Davigo, fa le stesse cose, aumenta le soglie di rilevanza penale. La gente era con voi, chiede Cazzullo. Ricordo un’intervista ai volontari alla Festa de L’Unità, risponde il presidente, erano i primi a volere in galera i dirigenti che li avevano traditi, ma cominciò presto il coro opposto “E gli altri, perché non li avete presi?”. Nelle carceri italiane sono oggi chiusi almeno 250 colletti bianchi a scontare una pena definitiva, a confronto con gli altri Paesi Ue non c’è proporzione. Mentre all’Aquila, la corruzione pare non attecchisca proprio.