Per salvare i libri e la lettura saremo costretti ad agganciarci all’intelligenza artificiale. Non leggiamo più e così ci aggrappiamo al virtuale, peggio, alla lettura necessariamente leggera. Lo ha scritto giorni fa Gianluigi Simonetti, raccontando dei sette finalisti al Premio Strega, non più cinque ma sette, perché la giuria dei votanti è stata allargata a 660 Amici della Domenica. I libri finalisti per molti versi si somigliano tra loro, scrive Simonetti, sono state infatti eliminate le opere più stratificate e letterarie: non necessariamente le migliori, ma certamente le più ambiziose ed esigenti nei confronti del lettore. Il messaggio degli Amici della Domenica e dei funzionari editoriali che lavorano da suggeritori suona quest’anno forte e chiaro: non ci stressate con libri complicati, la vita è già abbastanza difficile di suo. Ben vengano giovani e outsider specie se capaci di raccontare in velocità e creare identificazioni che non affatichino la testa.
Tutto ciò significa lessico e sintassi rudimentali, sovraccarichi di metafore patetiche, ma accuratamente depurati da qualsiasi residuo di letterarietà, oppure fermarsi narrativamente un attimo prima di toccare e approfondire il nucleo più profondo, sgradevole e però sincero della propria vocazione: il desiderio di essere visti e riconosciuti come adulti, l’importante è accreditarsi nella società letteraria e anche a questo serve lo Strega.
Se questo è un punto di non ritorno, sarà durissima migliorare la capacità espressiva, creativa e di scrittura di tutti noi e dei giovani, anche di giovani laureati in legge che sovente non superano gli scritti per entrare in magistratura, per questioni gravissime legate all’uso della lingua italiana e andremo solo a peggiorare.
Ci raccontano di intelligenza artificiale come guida e supporto per indirizzare le nostre letture, quindi se nel virtuale scegliamo alcuni titoli, quei titoli racconteranno di noi all’intelligenza artificiale che si atterrà a quelle stesse scelte e veicolerà i nostri gusti. Fine della curiosità, fine delle ore passate in libreria a scegliere un titolo, un nuovo autore, un colore o un odore. Fine di librerie e biblioteche?
Ci raccontano che ciò serve per attrarre i giovani, per incentivarne la volontà di leggere e che il virtuale si sovrapporrà al reale per arricchire l’esperienza di lettura. Peraltro sperimentazioni di questo tipo stanno spuntando ovunque, non solo in Italia.
La lettura è diventata fuori moda tra i giovani di tutta Europa. Prestazioni di lettura scarse combinate con un generale disinteresse hanno conseguenze a lungo termine, sia per l’individuo che per la società, ammonisce il progetto europeo Erasmus+ ‘The Living Book’, che mirerebbe a riavvicinare alla lettura bambini e adolescenti, ma sarà difficilissimo. Secondo il filosofo saggista Gino Roncaglia, quel poco che leggono i giovani sono frammenti presi dalla rete perché fuggono da contenuti strutturati-complessi come la forma del libro. Ecco quindi l’ultima spiaggia della promozione digitale della lettura, come ambiente comunicativo riconosciuto dai più giovani in cui provare a far passare l’importanza della lettura, anche perché la lettura genera cultura e la cultura migliora la vita delle nostre comunità.
Il punto però pare anche un altro. Dal virtuale dovremo convincere i giovani che c’è anche il reale e tante letture complesse da avvicinare, che potremmo portare con noi per il resto della vita. Dovremo inventare la curiosità al posto loro, esattamente come fa l’intelligenza artificiale quando indirizza le nostre scelte azzerando il nostro sentire. D’altra parte sta degenerando anche l’approccio degli adulti, di tanti adulti che hanno trovato la via degli audiolibri a raffica, un libro corposo può durare otto, dieci, tredici ore, mentre uno più piccolo due o tre ore, capita quindi che alla ferie, ad esempio, invece di portare un paio di libri al massimo in valigia, qualcuno ne ascolti una cinquantina. E poi ne faccia anche sfoggio.