01 Mar 22

Diocesi di Amiternum, un passato vivo

Come sappiamo, la diocesi di Amiternum, insieme a quella di Forcona (Civita di Bagno), sorse e si sviluppò a cavallo tra la fine dell’Impero romano d’occidente come entità politica, il cosiddetto basso Impero, e l’alto Medioevo.
Nel corso del tempo, con l’indebolimento dell’autorità dello Stato, i Vescovi divennero sempre più figure di riferimento alla guida dei territori: non solo come autorità religiose, ma spesso anche come autorità pubbliche de facto.

Generalmente i territori delle diocesi corrispondevano ai territori amministrativi dei precedenti municipi romani, municipia.
E le diocesi erano tante, ce n’erano anche nel raggio di poche decine di chilometri, se consideriamo che fino alla prima metà del XX secolo, le comunicazioni non erano facili e quindi era necessaria un’amministrazione diffusa sia dal punto di vista politico che da quello religioso.

Di Forcona, poi Civita di Bagno o Civita di San Massimo, sappiamo che fu traslata ad Aquila nel 1257, poco dopo la prima fondazione della città. Quindi la diocesi di Forcona continuò ad esistere diventando diocesi di Aquila, Berardo da Padula fu l’ultimo vescovo di Forcona e il primo vescovo di Aquila.

Dalla seconda metà dell’Ottocento la nostra diocesi diventò arcidiocesi, oggi arcidiocesi metropolitana, cioè la diocesi-capoluogo di una provincia ecclesiastica che comprende anche le diocesi suffraganee dei Marsi, sede odierna ad Avezzano, e di Sulmona-Valva.

Sulla diocesi di Amiternum, invece, le notizie sono meno precise e si ipotizza che, intorno al X secolo, fosse già stata aggregata alla diocesi di Rieti, considerato che il territorio amiternino appartiene alla regione storica della Sabina, confinante con gli Abruzzi proprio all’altezza dell’Aquila, a est della città. Successivamente alla fondazione di Aquila, l’ex territorio diocesano di Amiternum passò sotto la giurisdizione del vescovo dell’Aquila, oggi arcivescovo metropolita.

Sappiamo che la diocesi di Amiterno esiste tutt’oggi, in un certo senso, come sede titolare riconosciuta dalla Chiesa dalla fine degli anni ‘60.
Dal 1967 in poi, infatti, la diocesi di Amiterno è una delle molte sedi titolari che in Italia e nel mondo, si tratta di diocesi soppresse, senza territorio, che tuttavia hanno una sede e un titolo, e quindi hanno anche un vescovo titolare.

Nel caso di Amiterno, la sede coincide oggi con la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo nel borgo di San Vittorino Amiterno, L’Aquila, erede storico dell’antica Amiternum, con la quale forma una continuità storico-culturale indissolubile. La diocesi di Amiterno ha anche un vescovo, anzi, un arcivescovo, si tratta di mons. Luciano Suriani, abruzzese di Atessa, arcivescovo titolare di Amiterno dal febbraio 2008, e anche nunzio apostolico ambasciatore, attualmente in Serbia (dal 2015).

Come sappiamo che si tratta di un arcivescovo?

Da un lato lo suggeriscono alcuni specifici siti di riferimento, in primis quello del Vaticano il quale riporta l’omelia tenuta nella cattedrale di Chieti il 26 aprile 2008 dal card. Tarcisio Bertone, in occasione dell’ordinazione episcopale di mons. Luciano Suriani, arcivescovo di Amiterno e Nunzio apostolico in Bolivia: …sua Santità Benedetto XVI, al quale va il nostro grato e devoto pensiero e che mi ha incaricato di partecipare il suo saluto affettuoso e la sua benedizione in maniera speciale a te e poi a tutti i presenti – il Santo Padre – dicevo – ti ha voluto chiamare a far parte del Collegio episcopale eleggendoti Arcivescovo titolare di Amiterno, località a te ben nota che si trova vicino L’Aquila, dov’è possibile ammirare le più belle e suggestive catacombe paleocristiane dell’Abruzzo… (Fonte: https://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/card-bertone/2008/documents/rc_seg-st_20080426_ordin-mons-suriani_it.html).

E poi anche l’arme, stemma, di mons. Luciano Suriani, esposta nella chiesa di San Michele Arcangelo a San Vittorino Amiterno, ovviamente insieme all’arme arcivescovile dell’Aquila. Si capisce che si tratta di un arcivescovo perché la sua arme è incorniciata da un galero, un particolare cappello ecclesiastico, di colore verde, dal quale pendono dieci nappe, fiocchi, per ciascun lato, ed è attraversata da una croce, in palo, (verticale) con due traverse (due bracci orizzontali).

Sotto l’arme c’è anche un cartiglio con il motto Quod Vult Deus, che richiama il nome dell’antico vescovo di Amiternum, inciso sul mausoleo di San Vittorino, martire nelle note Catacombe paleocristiane di San Vittorino Amiterno, sempre nel complesso parrocchiale di San Michele Arcangelo. Possiamo quindi dire che la diocesi di Amiterno esiste ufficialmente anche oggi, così come quelle titolari di Cittaducale (Città Ducale, a ovest) e quella di Ofena (Aufinium, a est), confinanti con il contado dell’Aquila.

Perché esistono diocesi senza territorio? Le ragioni storiche sono molte, attraversano i secoli e sono facilmente trovabili, personalmente, mi limiterò a esprimere un’opinione alla luce del nostro presente.

Mantenere vivo il titolo di una diocesi antica, dalla storia plurisecolare, significa conservare la testimonianza di come erano organizzati i nostri territori nei secoli scorsi, talora anche in tempi non troppo lontani. A volte, come abbiamo visto, significa addirittura mantenere la memoria delle suddivisioni amministrative dell’epoca romana. Ed è quindi un giusto riconoscimento che spetta a delle istituzioni che hanno fatto la storia dei territori locali, contribuendo ad amministrarli e a definirli così come li vediamo ai giorni nostri.

In questo caso, inoltre, è motivo in più, di prestigio, per il nostro San Vittorino Amiterno: nostro perché la nostra città e San Vittorino, così come tutti gli altri borghi aquilani, si appartengono reciprocamente. Come cittadini aquilani siamo anche sanvittorinesi e viceversa.

E lo stesso vale per tutti i castelli e le ville della nostra città-territorio.

 

 

*di Mauro Rosati
Archeoclub d’Italia – Sede L’Aquila