Nei giorni scorsi e in vista dell’approvazione del Decreto semplificazioni, il Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici ha formulato alcune osservazioni preliminari riguardanti il patrimonio culturale, riservandosi di elaborare proposte o esprimere pareri specifici quando sarà certo il testo normativo del Governo.
Il settore del patrimonio culturale, comprensivo dei beni culturali e paesaggistici, necessita di un attento bilanciamento tra la necessità di semplificare e quella di non depotenziare la tutela del patrimonio, garantita dall’art. 9 della Costituzione, scrive. Semplificare non può significare mettere a rischio la protezione e la conservazione dei beni culturali e ambientali, che sono le finalità essenziali della funzione di tutela, come previsto dal Codice dei beni culturali (art. 3, comma 1). Si tratta di valori ai quali, come ha chiarito più volte la giurisprudenza costituzionale e amministrativa, va riconosciuta una ‘primarietà’ rispetto ad altri interessi pubblici e privati, ivi compresi quelli economici (tra le altre sentenze: Corte costituzionale, n. 151/1986; Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2222/2014). La legislazione italiana prevede limiti, già compresi nella 241/90 in tema di pareri, conferenze di servizi, esclusione di dichiarazioni inizio attività e silenzio assenso in materia di beni culturali, dunque la semplificazione in atto, per il Consiglio superiore, dovrà essere particolarmente equilibrata.
No a condoni, sanatorie e automatismi autorizzativi. Una buona semplificazione deve escludere sanatorie, condoni e automatismi autorizzativi come il silenzio assenso o meccanismi procedimentali che riducano il peso e l’efficacia della valutazione delle Soprintendenze, si legge nelle osservazioni. No alla riduzione dei tempi di conclusione dei procedimenti amministrativi, non sanare le attuali e sempre più tragiche carenze di organico oltre all’insufficienza di strumentazioni informatiche significherebbe in molti casi pretendere l’impossibile dal personale. I procedimenti semplificati sono già previsti nel Codice dei Beni Culturali, deve essere certa e indubbia la non incidenza degli interventi sull’assetto paesaggistico.
Norme più chiare. Semplificare, per il Consiglio, implica anche e soprattutto rendere più chiare le norme. Il Codice dei beni culturali richiede numerosi interventi di chiarificazione, specialmente delle norme sulla valorizzazione dei beni culturali e sui beni paesaggistici. Andrebbe quindi rinnovata la previsione di una delega per la revisione del Codice, con principi e criteri direttivi che riguardino soprattutto le parti suindicate, aggiunge.
Semplificare appalti. Sì ad una radicale semplificazione delle norme e delle procedure di aggiudicazione dei contratti, si potrebbero, ad esempio, alleggerire le procedure di gara in favore di un più ampio utilizzo di short list predisposte dal Ministero e la possibilità di ampliare i casi di affidamento diretto dei contratti, ferma restando la necessità di un controllo a campione dell’Anac. Potrebbe essere utile migliorare l’utilizzo delle piattaforme informatiche per lo svolgimento degli avvisi pubblici, con possibilità di verifica preventiva dei requisiti previsti dai diversi bandi e con modelli di autocertificazione standardizzati anche al fine di incentivare la partecipazione agli stessi avvisi.
Semplificare contabilità. Altrettanto indispensabile si rivela la semplificazione delle norme e delle procedure di contabilità e di controllo contabile esercitato dal MEF che troppo spesso rallentano la definizione dei bilanci del Ministero dei beni e delle attività culturali e ritardano pesantemente l’effettiva erogazione e assegnazione di risorse finanziarie agli istituti periferici, che poi si trovano nell’impossibilità di disporre la spesa nei termini temporali imposti dalla normativa contabile. Situazione aggravatasi ulteriormente dopo le norme contabili introdotte dal 2018, che determinano l’impossibilità di impegnare senza la disponibilità di cassa e la cessazione delle contabilità speciali. La farraginosa macchina contabile provoca un allungamento dei tempi che ricade pesantemente sulla capacità del Ministero e dei suoi uffici sia centrali che periferici di istituire un circolo virtuoso tra programmazione e realizzazione degli interventi, con effetti negativi anche sulla valutazione dell’operato dei dirigenti in termini di obiettivi raggiunti.
Semplificare obblighi informativi. Semplificare gli obblighi informativi esterni ed interni sulla trasparenza limitandola alle informazioni chiave e comunque devono essere sanati i vuoti ormai assolutamente inaccettabili di personale, in particolare di funzionari e dirigenti, vuoti che stanno decretando la chiusura di interi uffici con la conseguente cessazione di ogni attività di tutela sui territori, si legge ancora nelle osservazioni.
Reale collaborazione tra enti. Procedimenti come VIA e Conferenze di servizi non si migliorano con un ulteriore abbattimento dei tempi previsti per l’intervento delle Soprintendenze, che costituisce, a norma di legge, una minima porzione del tempo totale impiegato per l’adozione dei provvedimenti, ma pretendendo, anche con strumenti cogenti, una reale collaborazione e un corrispettivo rispetto dei tempi da parte delle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento.
La complessità della situazione richiede un impegno di largo respiro, conclude il Consiglio Superiore dei Beni culturali e Paesaggistici, per la cui realizzazione potrebbe essere necessario il ricorso a strumenti normativi speciali, da adottarsi in nome di quella ‘eccezione culturale’ che ha già giustificato, anche a livello europeo, l’adozione di misure a tutela del patrimonio culturale.