Il comitato Salviamo La Foce di Stiffe, con il Forum H2O, ha elencato una lunga serie di criticità al progetto di captazione e ha raccolto 2mila firme tra i cittadini per depositare tante osservazioni al Comitato VIA della Regione che dovrà decidere domani.
Di seguito le osservazioni dei cittadini.
In merito all’intervento che prevede la captazione di ben 250 litri al secondo di acqua dal corso e il rilascio di soli 38 litri al secondo nei momenti di minor deflusso e di 77 nei momenti di maggiore deflusso, e la posa, a partire dall’ingresso delle grotte di Stiffe, di uno sbarramento per la derivazione e di una condotta della lunghezza di 800 metri e di 80 cm di diametro, gli scriventi formulano le seguenti osservazioni chiedendo che sia rigettato per l’evidente impatto ambientale, naturalistico, sociale ed economico sul territorio.
In particolare il corso d’acqua in questione, nonostante abbia alcune forme di pressione antropica che andrebbero ridotte, è tra i pochissimi tratti fluviali abruzzesi a rispettare l’obiettivo di qualità ambientale fissato dalla Direttiva 60/2000/CE. Il 72% dei fiumi abruzzesi non rispetta tale standard. Appare evidente che bisogna operare per diminuire la pressione sui corsi d’acqua e non aumentarla con ulteriori prelievi che, come è riconosciuto in maniera unanime, sono oggi tra i maggiori detrattori ambientali responsabili di tale condizione di generale inadempienza della Regione Abruzzo. La legge quadro sulle aree protette 394/1991 vieta la modifica del regime delle acque all’interno dei parchi. In questo caso non solo è prevista la fortissima riduzione della portata in alveo a causa della captazione ma anche una modifica della variabilità naturale delle portate. Pertanto è evidente che l’intervento entra in conflitto insanabile con una norma generale dello Stato, scrivono gli attivisti in una nota stampa.
Inoltre è incredibile che lo stesso Parco parli in un parere preliminare di compensazioni ambientali, ammettendo così l’effettivo impatto negativo del progetto e di royalty da parte dell’azienda, come se si potesse monetizzare a favore del bilancio dell’ente l’impatto ambientale, naturalistico e paesaggistico del progetto.
Le Grotte di Stiffe ed il suo contesto sono sottoposti a stringenti vincoli paesaggistici fin dal 1962, anche per la scenografica presenza della risorgenza, di cascate, pozze, acque di stillicidio, vegetazione rigogliosa. La riduzione della portata fino all’85% ovviamente azzererebbe molte cascate e cascatelle, riducendo l’area bagnata e, quindi, la presenza di muschi e felci, con un impatto paesaggistico enorme di cui non è stato tenuto alcun conto sia nei documenti depositati dal proponente sia nelle prime valutazioni degli enti a vario titolo competenti.
La produzione energetica, a fronte di un fortissimo impatto, è bassissima. Con interventi di risparmio, efficienza e produzione con altre forme come il fotovoltaico montato sui numerosi capannoni industriali della zona, e a parità di investimento, si otterrebbero gli stessi o maggiori risultati in termini energetici.
Gli stessi proponenti da un lato ammettono che la portata del rio è fortemente variabile e dall’altro presentano dati contraddittori sulla portata media, che passa da 200 litri al secondo a 500 nei diversi testi citati in bibliografia.
Poiché il Deflusso Minimo Vitale viene calcolato a partire proprio dalla portata, l’assenza di una serie storica di dati di almeno 20/30 anni determina l’inadeguatezza dei calcoli presentati a supporto del progetto. Le Grotte di Stiffe sono uno dei principali attrattori turistici del medio e alto Aterno, con decine di migliaia di visitatori e un potenziale non ancora espresso del tutto. È evidente che la riduzione al 10/15% della portata del corso d’acqua a partire proprio dal punto di ingresso dei visitatori, altererebbe uno degli scenari di maggiore impatto estetico che oggi viene fruito. Mentre l’intervento non porterebbe alcun posto di lavoro in quanto la centrale funzionerebbe con controllo in remoto inoltre nell’area oggetto dell’intervento sono presenti specie faunistiche di assoluto rilievo, tra cui l’Orso bruno, l’Aquila reale, il Merlo acquaiolo e numerose piante di forra di interesse conservazionistico. Tutte specie che risentiranno negativamente o dei lavori per la costruzione della condotta o della derivazione o di entrambe a causa del disturbo, della sottrazione di habitat, dei lavori di scavo ecc. L’ultimo rapporto dell’IPCC dell’ONU sui cambiamenti climatici evidenzia per l’ennesima volta il drammatico impatto che i corsi d’acqua subiranno nell’area mediterranea a causa della modifica del regime delle precipitazioni e delle temperature. Tali stravolgimenti epocali si stanno già manifestando e la stessa UE impone agli stati membri misure per la mitigazione dello stress ambientale. Questo progetto di captazione, della durata ultradecennale, non tiene in alcun conto questa problematica e, anzi, aggiunge una fortissima pressione antropica riducendo la capacità di resilienza del corso d’acqua.
I dati, ormai ultradecennali, sulla deprimente condizione dei corsi d’acqua abruzzesi, addirittura in costante peggioramento, evidenziano l’arretratezza e l’inadeguatezza del Piano di Tutela delle Acque varato dalla Regione Abruzzo su cui si basano alcune valutazioni degli enti per l’esame del progetto, confermando tutti i rilievi critici contenuti nelle osservazioni che a suo tempo le associazioni avevano sollevato, a partire proprio dalle modalità di calcolo del Deflusso Minimo Vitale.
Indirettamente la stessa Regione ha ammesso l’insufficienza delle misure previste dal Piano avviando nella Delibera di Giunta 710/C di approvazione del Piano la revisione dello stesso.
Il versante e il tracciato interessato dalla realizzazione della condotta presenta numerose criticità ben evidenziate dagli studi sul rischio di crollo di massi realizzati a seguito degli eventi sismici del 2009. Tali rischi sono a nostro avviso sottovalutati negli elaborati depositati.