07 Feb 19

Confindustria e triplice per le trivelle

Gli scienziati avvertono: i cambiamenti climatici prodotti dall’impiego di idrocarburi stanno distruggendo il pianeta. Intanto, però, il 9 febbraio Confindustria e le categorie di settore dei sindacati confederali manifesteranno per l’economia fossile, per il business as usual in difesa di un modello di sviluppo insostenibile. Una battaglia di retroguardia che fa male alla stessa economia del paese. Contro questa visione, per il clima e la salvaguardia di salute dei cittadini e dei lavoratori, per il risanamento del territorio, per la creazione di posti di lavoro attraverso la riconversione ambientale dell’economia noi manifesteremo il 15 marzo con gli studenti e il 23 marzo a Roma. Così comitati e associazioni che da anni difendono il territorio riuniti nella neonata campagna, Per il Clima – Fuori dal Fossile, commentano la decisione della Confindustria di scendere in piazza per sostenere le trivelle a terra e in mare il 9 febbraio a Roma nella manifestazione di Cgil, Cisl e Uil e le iniziative pro fossili congiunte con le categorie di settore dei sindacati confederali che stanno organizzando a Ravenna.
Nonostante il fatto che il blocco imposto dall’emendamento al decreto legge semplificazioni sia temporaneo e parziale, riguardando solo lo sviluppo di nuove attività e salvaguardando, purtroppo, le estrazioni già in corso, evidenziando al contempo almeno la necessità di pianificare l’uso del territorio tenendo conto della sismicità, della presenza di aree importanti per l’acqua potabile e di zone a forte rischio idrogeologico o densamente abitate, questa inedita convergenza tra sindacati confederali e Confindustria si rivela come una saldatura di forze di fatto reazionarie e conservatrici volte a salvaguardare interessi consolidati in un settore economico, quello delle estrazioni di idrocarburi, in cui paradossalmente è più bassa l’intensità di lavoro.
Infatti, a parità di investimenti, il numero di posti di lavoro che si crea è triplo nel settore delle tecnologie per l’efficienza energetica e delle rinnovabili rispetto al comparto oil and gas. Invece i profitti delle major petrolifere sono immensi mentre le conseguenze negative su ambiente e salute vengono esternalizzate e pagate dalla collettività.
Il refrain lo conosciamo bene, ricatto salute contro lavoro, dignità umana contro sopravvivenza, spoliazione dei territori contro finta modernizzazione. Una visione estrattivista che guarda al territorio semplicemente come un’area da saccheggiare e devastare e i cui impatti sulla popolazione dal punto di vista sociale, economico e sanitario possono essere tranquillamente ignorati, come dimostrano i casi eclatanti di Viggiano in Basilicata e di Taranto, dove è arrivata la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha dato ragione ai cittadini.
È questo il modello di economia e di qualità ambientale e della vita che propugna l’inedita coalizione pro fossili? Il 9 febbraio lo avremmo voluto come momento di protesta e proposta per la riconversione ambientale dell’economia del paese, per la difesa dei lavoratori dai ricatti occupazionali a cui sono sottoposti e per la difesa del pianeta. Invece prevale una visione oscurantista e falsamente positivista, è interessante notare che la scienza non ha spazio in quelle posizioni. Le migliaia di ricerche sul clima, i rapporti dell’IPCC che danno poco più di 10 anni per cambiare radicalmente sistema produttivo bollando come già vecchia l’idea della transizione basata sul metano, uno dei gas più clima alteranti, i rapporti delle società assicuratrici sempre più allarmanti sull’impatto sul pianeta, i mille segnali che la Terra ci manda ogni giorno, dalle alluvioni alle siccità, e gli studi epidemiologici incontrovertibili sul tremendo impatto sanitario su cittadini e lavoratori di pozzi, gasdotti, stoccaggi, centrali, per costoro evidentemente non hanno senso e possono essere sacrificati sull’altare del profitto ad ogni costo. Si preferisce cedere alle ferree regole della globalizzazione e del profitto, derubricando la difesa del diritto alla salute, del Clima e del Pianeta.
Solo a Gela e Priolo le ricerche scientifiche stimano un costo sanitario, scaricato sulle tasse dei cittadini, di quasi 10miliardi di euro, non contabilizzato come costo di produzione, a cui di aggiungono lutti e sofferenze che non hanno prezzo.
Noi che sosteniamo la transizione immediata dal mondo fossile a quello delle tecnologie dell’efficienza e del risparmio e a quello delle rinnovabili, già mature, ci contrapponiamo a questo colpo di coda di forze che non fanno gli interessi del paese.
Saremo in piazza il 15 marzo per lo sciopero internazionale degli studenti Friday for Future per il Clima e il 23 marzo a Roma per salvaguardare il nostro pianeta proponendo l’uscita dalle fossili e l’abbandono delle grandi opere dannose, inutili e imposte. A queste contrapponiamo un grande programma di interventi per il risanamento del territorio pagato da chi ha inquinato, un piano di transizione energetica compatibile con la salvaguardia degli equilibri climatici e il sostegno a tante opere positive, da quelle sulle infrastrutture idriche che oggi perdono il 40% dell’acqua immessa nelle reti con una depurazione da quarto mondo a quelle delle scuole che oggi per l’80% non sono a norma fino ad arrivare al piano per l’edilizia ospedaliera per evitare che ad ogni terremoto le prime strutture ad essere rese inagibili sono proprio quelle più importanti anche per il soccorso. Queste sono le opere utili e l’economia che servono al paese e ai cittadini.

 

Campagna Per il clima – Fuori dal fossile

(prime adesioni: Ambiente e Salute nel Piceno, Coordinamento nazionale No Triv, Forum Abruzzese H2O, I Discoli del Sinarca Molise, Italia Nostra Salerno, Coordinamento Comitati Ambientalisti Lombardia, Comitato DNT Piemonte, Stazione Ornitologica Abruzzese onlus, Coordinamento No Triv Taranto, Trivelle Zero Marche, USB FCA Melfi, Trivelle Zero Molise, Nuovo Senso Civico, SOS Adriatico Rimini, Coordinamento No Hub del gas, Mediterraneo No Triv, Comitato No Tap Brindisi).